Hanno le mani coperte di polvere, il viso avvolto in sciarpe, ai piedi ballerine di plastica infangate. Si muovono con decisione, mostrano qualche segno di cedimento soltanto quando si fermano per alcuni minuti, nelle pause ordinate. Allora scuotono i polsi, aprono e chiudono le dita e piegano la schiena in avanti e indietro. Poi ritornano al lavoro, accanto ai loro colleghi maschi.
Le muratrici di Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, sono donne tra i 20 e i 30 anni, dai corpi forti. Molte si sono trasferite in città da poco, altre sono arrivate da qualche anno. Prima lavoravano in fabbriche o come domestiche, in case private. La vita nei cantieri non è semplice, ma è meglio di altri lavori informali e soprattutto della disoccupazione, un rischio concreto nella grande città. La paga è di 66 euro al mese, in media, domeniche incluse.
La vita tra i mattoni, i sacchi di cemento, le cazzuole, inizia all’alba: ci sono i turni già dalle sei del mattino. Le muratrici abitano in periferia, in baracche di lamiera e terra battuta e devono uscire di casa alle tre di notte per fare a piedi i tratti non coperti dagli autobus. Lavorano tra le otto e le nove ore e hanno mezz’ora di pausa pranzo. Alcune portano il cibo da casa, altre spendono mezzo dollaro per mangiare injera e shirò, il piatto tipico etiope, fatto con acqua, farina di teff (un cereale proteico che si coltiva sugli altopiani etiopi, che sta diventando di moda in occidente) ceci e verdura. Comprano il pranzo nei baracchini improvvisati vicino ai cantieri, dove ci sono cuoche che cucinano dalla mattina, spesso con l’aiuto dei figli che non vanno a scuola.
Addis Abeba sta crescendo a ritmo serrato. Strade, palazzi, ponti prendono il posto di baracche e campi, contribuendo a uno sviluppo senza precedenti. L’economia dell’Etiopia ha il tasso di crescita più veloce al mondo, secondo la Banca Mondiale. Il consumo di cemento è di 5,47 mega tonnellate all’anno. L’esplosione edilizia ha creato posti di lavoro che prima non c’erano. La geografia urbana è contrassegnata da cantieri di strade e da palazzi in costruzione, risultato di uno dei più alti tassi di investimento pubblici del mondo, nonostante la base di partenza sia debole (l’Etiopia ha il terzo maggiore deficit di infrastrutture in Africa).
Le foto sono state scattate nel 2016 e sono state pubblicate sulla rivista svizzera Azione.